
Habitas – L’imbroglietto – Variazioni sul Tema
Ispirati dal genio di Karl Valentin e Liesl Karlstadt, Karl e Stadt prendono vita come due “buffi” con sembianze di clown. Il loro obiettivo? Entrare a Teatro, chi per vedere uno spettacolo, chi per mangiarsi una poltrona. Ma per farlo bisogna superare un grande ostacolo: la bigliettaia sotto mentite spoglie di un MacBook. L’imbroglietto è un divertissement che strizza l’occhio al Kabarett del primo ‘900 e guarda oltre: reinventa una lingua, crea una precisa partitura di movimenti e azioni, parte da uno sketch iniziale per dar vita al fantasmagorico turbinio di variazioni. Viaggerete dunque all’indietro, poi a velocità supersonica; ascolterete canzoni tedesche del secondo dopoguerra per poi catapultarvi in un giappone rivisitato che strizza l’occhio al Teatro Kabuki; da qui, una capriola nei secoli passati, al Medioevo monicelliano dell’armata Brancaleone per poi, con un triplo salto mortale, volare nell’iperspazio di Star wars a suon di duelli con le spade laser. Alla fine di tutto, traccerete una linea del tempo, che dalle amebe del protozoico vi porterà fino all’ultimo tassello dell’evoluzione: il clown. Passando prima per i dinosauri, le scimmie e l’homo sapiens.
INFORMAZIONI
www.lungoiltevereroma.it
habitas51@gmail.com
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=J3hPOG2ipJw&index=13&list=UU70Wr5prMCl6JOwQ6QhC_7g
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COSĺ LA CRITICA
Niccolò Matcovich scrive e dirige questo lavoro e guida Livia Antonelli e Valerio Puppo in un divertissement con leggerezza e precisione, reinventando per loro un apposito vocabolario di parole e movimenti. Le storpiature, le vocali biascicate o sostituite, i trilli, gli schiocchi e i silenzi da un lato e dall’altro la costanza di gesti dal carattere ritmico sempre ben preciso, vibrato, nervoso, rallentato o velocissimo, creano un leggero sfasamento, focalizzando la nostra attenzione sulla ricezione di quanto accade in scena; una scena che, con l’eccezione di due sedie e del computer, si costruisce tutta grazie all’efficacia dei due giovani attori.
Viviana Raciti – Teatro e Critica
Il lavoro scenico di Puppo e Antonelli è a dir poco sorprendente: le battute, i gesti, i tic e i ritmi tessono una partitura frenetica e spassosa; ardiscono a percorrere e sviluppare in modi strabilianti la vicenda. Prima si racconta normalmente una storia; riprendendo tutti i gesti sinora agiti, questi ultimi vengono riproposti all’indietro; poi ancora a velocità raddoppiata. La performance, dunque, rappresenta un omaggio a La lettera di Paolo Nani e Nullo Facchini, dove la comicità è dettata dall’esercizio della ripetizione, del ritmo bislacco, della comicità da “slapstick“, e che richiama, forse, la perfetta rappresentazione teatrale degli Esercizi di stile di Raymond Queneau, nella quale un fatto di per sé banale viene narrato con novantanove varianti stilistiche.
Maurizio De Benedictis – Brainstorming culturale
L’immagine del clown, archetipicamente e nelle diverse fenomenologie storico-iconografiche, suggerisce l’idea di una creatura di confine. Alle soglie dell’umano, benedetta per la sua drammatica lucidità nella percezione del mondo e della storia, maledetta per lo stesso motivo. Più umano dell’umano, più vivo tra i vivi, il clown è in odor di morte. Piange l’omologazione e la massa, si distingue da essa per il suo tragico e ridicolo naso rosso, attraverso il quale fa ridere gli altri di se stessi senza che se ne accorgano. Solo e ultimo ai confini della terra. Questo poveraccio è colto in tutta la sua essenza dallo sguardo attento di Niccolò Matcovich che scrive e dirige uno spettacolo sarcasticamente mortifero con una dolcezza e sensibilità evidenti. Gli attori sono degni della sfida cui vengono sottoposti.
Anna Maria Michetti – Gufetto
INTERPRETI
Livia Antonelli, Valerio Puppo, un MacBook
REGIA E DRAMMATURGIA
Niccolò Matcovich
MUSICHE ORIGINALI
Adriano Matcovich
FOTO DI SCENA
Simone Galli
HABITAS
La Compagnia teatrale Habitas nasce all’alba del 2016 da un’idea di Niccolò Matcovich, autore e regista, e Livia Antonelli, attrice. Al duo si aggiunge, a inizio 2017, Chiara Aquaro, attrice anche lei. L’origine del nome deriva dal desiderio di mettere al centro del lavoro artistico l’abitare gli spazi, concreti e metaforici, del teatro. La scelta della seconda persona vuole invece porre l’accento sul “tu” come soggetto protagonista. “Tu abiti”, quindi, è un invito universale e diretto, che coinvolge tutti i partecipanti del mestiere teatrale: artisti, tecnici e, non ultimi, spettatori. Habitas è una realtà in movimento, che parte dall’idea di condivisione totale del processo artistico, aprendo le porte a chi volesse partecipare non solo degli esiti produttivi della Compagnia ma anche della progettazione e gli sviluppi del lavoro in sala. Non casuale è infatti la sede scelta come piattaforma di lavoro, l’Ex 51 di Valle Aurelia (Roma), piccolo porto che, nel rispetto di chi lo abita, è viavai di persone, incontri, confronti. Il lavoro della Compagnia si concentra principalmente sulla drammaturgia contemporanea, soprattutto inedita. L’obiettivo è fondere un teatro di stampo tradizionale con i linguaggi del contemporaneo, in una sintesi che abbia come cardine la comprensibilità e l’universalità di ciò che raccontiamo. Un teatro, quindi, pop-olare. Da qui il logo, la cui figura centrale, archetipica, è il cerchio, reso doppio per rafforzare l’idea di pluralità e complementarietà, nonché dinamico e aperto, ad abbracciare, senza fagocitare, la scritta habitas, il cui puntino rosso sulla i sottolinea la nostra voglia giocosa, discreta e determinata di fare teatro, come un piccolo naso di clown.